Infiniti luoghi (pensiero fisso)

Infiniti luoghi (pensiero fisso)

 

La porta è aperta, e io entro, senza far rumore,  guardandomi alle spalle, forse per assicurarmi che nessuno mi stia osservando, che nessuno si accorga dei miei passi sospesi.

Un lungo sospiro, entro.

La bocca che si schiude, le gambe che esitano, la mano che si appoggia alla parete, ruvida e chiara, e le dita che incerte scorrono, e si graffiano, io sono dentro, sento e sorrido. Un passo e poi un altro, ora la parete non è chiara, non è nemmeno scura, non si vede, non vedo non sento più nulla, se non coi polpastrelli nervosi che si lasciano guidare.

Sono immersa nel buio silenzioso di un’attesa che si fa labirinto. Che sia spazio aperto o angolo chiuso, tu qui sei ovunque. Passi incerti, mentre chiudo gli occhi e poi sono flash improvvisi, in successione rapida, flash violenti ed impudichi, scuotono e turbano la quiete, segnano la via. Io tremo e fremo, di voglia sfacciata che pulsa e si scioglie, profumata scia d’amore liquido su sequenze di polaroid.

Una carezza sui capelli, lieve, la prima, tra la folla brulicante tutt’intorno, che non sa, che lì il tempo si è fermato, e da lì è iniziato.

In metro, sguardi a mangiarsi, mani impazienti, baci che legano, più vicino, più vicini, incollati, e l’urgenza che si fa ingombrante, attraverso tessuti di abiti da strappare subito, che sono intralcio tra noi.

La pressione sul braccio sinistro che diventa morsa, toglie il fiato e consegna sicurezza, le unghie conficcate nella carne, i tuoi occhi, noi che camminiamo ed ancora un lampo, nuovamente voglia.

Improvviso e inaspettato, il freddo sulla pelle, ghiaccio che sfiora e si scioglie all’istante, il ghiaccio sulla pelle, ed io allargo e sento, mi inarco, mi apro, sussulto.

A terra, a quatto zampe, ansante e cieca, tra passi nella stanza che ti avvicinano, e tu che frughi, sei dietro di me, ti sento. E nastro adesivo che si tende e aderisce, un giro dopo l’altro, su pelle eccitata, blocca i polsi, e la saliva si fonde con la voglia, densa e calda.

E ancora mani, piene e consapevoli, che battono e percuotono, – obbedirai sempre? –  il sangue che affluisce e il dolore che esplode nel cervello, e io piango, – sì, sempre – e supplico, e cedo, arrendevole e felice,  alle lusinghe del dolore.  Non faccio più resistenza, non perdo, non vinco, sento e vivo.

Come sei bella. 

I tuoi occhi addosso, i tuoi occhi belli adesso che scrutano, frugano, guidano

Vieni a me.

Mi sento travolgere, senza guardare cammino, seguo tracce sensibili di un percorso che inesorabilmente, sempre e sempre conduce a te, entrata, meta e ancora partenza, infiniti luoghi.

Uno spasmo. La carne che bruciava nell’attesa ora illumina. Stacco la mano, e seguo la luce.

Flash!

Persa nel labirinto, mi risveglio dal languido torpore dell’ipnosi, dopo giorni finalmente esco per tornare alla tua bocca.

Animale senza pudore cola la sua bramosia,

Ho fame”.