Filo rosso a stringere i fianchi

Uno

Quante sensazioni si possono provare durante un incontro? E quanti momenti può essere? Sospesa in una dimensione sconosciuta, vagavo senza meta anche quando seguivo il tuo passo, tra sudore e lacrime evaporate nell’attesa e nell’assenza, camminavamo vicini, senza parole né carezze. Pochi passi e tanti pensieri, in silenzio.
Di chi sei tu?
lo sentivo nello stomaco, e la voce usciva a stento. Di nuovo tremavo davanti alla vertigine della scelta. Volevo volare, volevo raggiungerti, qualunque fosse la destinazione finale.
Camminavamo e sentivo quel filo rosso avvolto sui fianchi stringere appena, e poi tendersi, sempre di più, fin quasi a trascinarmi, a farmi male.
Sempre avanti a me, in silenzio, trascinavi pezzi di me, di noi sulla strada, la stessa che percorrevo senza vedere, senza mai guardare alcun punto preciso. Non avevo forza per camminare, pensavo e speravo te ne saresti accorto, sì fermerà un istante, uno soltanto, per farmi riprendere fiato.
Ho provato tante cose, tutte insieme, e poi diluite.
Le sensazioni mi si sono rovesciate addosso, improvvisamente, tutte insieme e non riuscivo a capirle. Ero confusa, impaurita, stanca.
Era come dare acqua ad un pianta rinsecchita, su terra arida e dura, così disperatamente bisognosa di nutrimento eppure incapace di assorbirlo.
Troppa acqua, rimane in superficie, penetra appena tra le crepe della terra arsa. Solo poche gocce stavolta, una dopo l’altra, leggere e costanti dissetano e ravvivano. Camminavamo in silenzio e lasciavo che tu mi nutrissi poco alla volta, perché sentivo l’istinto della vita che spingeva verso la superficie.
Camminavo e avevo paura, non so bene di cosa, non riuscivo a distinguere sensazioni e sentimenti. Quel sentire a ogni passo un pezzetto di me che si staccava, di nuovo quella paura, non voglio dissolvermi, non ora che inizio a vedermi, fermati un attimo soltanto e dammi fiato. Mi senti? Solo gli occhi danno voce, e tu mi stai guardando. Siamo occhi negli occhi dopo un tempo che è parso interminabile, a volte crudele, altre dolce e pieno di speranze. Tempo feroce che ci ha azzannato, portiamo i segni nella carne e sul cuore. Camminavo e continuavo ad avere paura. Di chi sei, mi ha chiesto di nuovo. Ho avuto paura ma volevo abbracciarti, letteralmente. Venire verso te, sentirti, accoglierti. Credo di aver paura di essere respinta, non solo con un no.
Ci siamo fermati ed ero esausta. Mi girava la testa, mi faceva male e avevo una voglia incredibile di scappare. Ma la corda teneva e ancora tendeva, verso te. Quando te ne sei andato, mi sono sentita svuotata e ho pianto. Non ero ferma su quella sedia, continuavi a trascinarmi con te, non so bene dove. 

Dov’è che stiamo andando, amore?

Perché sento la polvere negli occhi e nelle narici, e l’asfalto che graffia la mia pelle?