Cellophane

c. stromholm

Mi vedi? Sono qui.
Sotto strati di plastica trasparente
Toccami. Di più. Non sento
Avvolta stretta. Costretta. Ricoperta e sempre riconoscibile.
Fissata in apparente essenza, elastica e sintetica, cammino immobile.
Respiro e sono viva.
Sembro viva perché ancora respiro.
Languido coma, sono stretta sorveglianza.
Respiro e ringrazio perché continuo a sembrare viva,
sotto strati di plastica trasparente.
Ingannevole estasi che altro non è, che un riflesso di un sogno.
Il sogno di un racconto che suggerisce immagini
Il sogno di mani che stringono e trattengono
Il sogno di vivide immagini che sembrano vita vera
Protagonista di un racconto.

Parole cucite addosso. Una dopo l’altra.

Chiudo gli occhi per non vedere.
Chiudo gli occhi per vedere altro che non c’è.
Continui riflessi di quella storia.
Mi lascio avvolgere.
Uno strato, poi un altro.
E un altro ancora.
Trasparente.
Le braccia e le gambe. Il petto e la pancia. I piedi e le mani.
C’è tutto.
Mi vedo.
Sono io.
Un altro giro.
Avvolta da sintetica trasparenza, cammino.
E sorrido.
E sogno.
E mi lusingo.
E mi racconto mille volte quella storia.
E’ la mia storia.
Sono io, penso.
Non entrerò in te. (come potresti?)

Fatti a pezzi. Ricuciti.

Di chi sei? Non lo so.
Non vedo. Non sento.
Mi vedi? Mi senti?
Sono senza pelle.
Le palpebre strizzate, e il calore che, incurante, mi investe.
Spegni la luce, è troppo forte.
Brucia, la mia pelle di plastica.
Si solleva un lembo. E un altro.  E un altro ancora.
Non era perfetta, quella sigillatura.
Si sta rivoltando, e rimesta e inquieta.
E io sono senza pelle, ora.
Si sfoglia. Si arriccia. Si sfalda.
E io con essa.
Sono plastica leggera che non resiste più al calore.
Respiro e sono viva.
Brucia e sono viva.
Ci sono sempre stata.
Plastica, non la mia pelle

Di chi sei?

Vedo. E sento.
Era già tutto lì.

Sotto, semplicemente.