Cedono gli argini

A.Petersen – Prison

Perché è facile perdersi nell’estasi dei sensi, tra sospiri densi di voglia,
voglia di carne, carne che freme, brucia e brama.
Perché è facile vuotare la mente, non pensare più a nulla
Oh sì, sono tua!  adorando il tuo corpo,
quando l’amore si fa liquido e la realtà tutta intorno sembra evaporare.
Nella nebbia della passione nulla più si distingue.
Ad occhi chiusi sento le tue mani che tornano a stringermi.
Mi attiri a te, il corpo esulta e ti segue.
E’ carne tra le tue mani, la riconosci e la assaggi.
Ti appartiene.
Gli spasmi del ventre nervoso e impaziente mi fanno sussultare,
non aprire gli occhi
eppure vedo attraverso le tue dita che affondano.
Lo sguardo vaga e scende.
Vedo quella voglia trattenuta che incalza, e vacillo quando la stretta si fa più salda.
M’apro al gusto e affamata sento.
La lingua che tormenta, ripassa e lucida, e sì, ti prego, ti prego, godi puttana, in punta di lingua tremo e fremo.
E’ una spinta violenta, densa e fisica, che lotta contro l’innaturale scissione.

Ma è quando tutto si placa, quando il respiro si acquieta e torna di nuovo regolare,
quando la carne giace spossata e appagata – apparente quiete –
che quell’abbraccio circonda, e davvero penetra a fondo, sconvolge e smuove.

Tutto trema.

Tra braccia intrecciate e immobili carezze,
corpi che perfettamente aderiscono,
cedono gli argini.

Sorpresa e attraversata sul fondo da un’ incontenibile marea,
mi abbandono,
ricomposta e riempita,
in silenzio
senza far sfoggio di fatali scenografie
circondata e trattenuta nel sonno apparente
tra braccia intrecciate e immobili carezze
un caldo pianto si scioglie, fluisce inesauribile.
Un urlo, muto ed incredulo,
gioia e disperazione, ansia e felicità, indifferentemente – non lo so che cos’è  non riesco a smettere – ossessiona impaziente in cerca di uno sfogo.

Come le prime volte, travolta da un destino che non ammette repliche, chiama e reclama vorace – si è preso pensieri e sospiri –
non so più dove mi trovo,
cerco un equilibrio che non esiste, già da tempo.
Confusa e senza scopo apparente,
verde salvia quell’anta che non smetto di fissare,
quella superficie su cui improvvisamente affiorano pensieri, ricordi, paure, desideri.

Tutto ha tremato in quell’abbraccio.

Invasa da un’emozione devastante, per un attimo mi sento smarrita.
Non dura che un attimo.
Noi rimaniamo così, a lungo, immobili, in silenzio.
Il tuo respiro scalda. Io sorrido.
Senza staccarci completamente, mi allontano.

E’ tardi, devo andare.

Tu continui a rimanere dentro,
e io non mi sono mai sentita così.

Sì, tua.