Ovunque proteggi.

Volevo fare la groupie ma poi ho collezionato madonnine.

La prima cosa che noto è il suo cappello. Bianco. Lo indossa sempre un cappello, quasi fosse una dichiarazione d’intenti. Come se avesse paura di perdere qualcosa di sé. Incontro Vinicio Capossela qualche giorno fa, a Matera. Il passo calmo e quell’incedere lento lento che si sbilancia un poco più a destra e poi un poco più a sinistra. Piano. Una camicia bianca, leggera e ampia. Pare che anche il tessuto segua quel suo passo così calmo e lento. L’ho seguo pure io, con lo sguardo. E sorrido piano per non disturbare, perchè non si accorga che lo sto fissando, sorpresa e presa dal fascino oscuro che quella sua figura illuminata esercita. Avrei voluto fare la groupie, giuro. E niente. Non faccio niente. Non dico niente. Solo mi godo la scena di Vinicio che appare e scompare, lento e inesorabile, anche nella mia vita. Un attimo soltanto. Finché un gruppetto di ragazzetti lo sorprende, se lo prende e lo porta via. E vai caro Vinicio, scivola scivola vai via da me così, in qualche stories piena di tag e iconcine. Tanto poi ci si ritrova altrove, ciao. 

Stamattina mi sveglio presto, nella stanza entra una bella luce. Si allunga sulla moquette, risale sull’armadio e si ferma sul ripiano della libreria. Proprio lì rivedo Vinicio, le sue Parole e Canzoni (l’antologia personale in video e il canzoniere completo di Capossela, ed. Einaudi del 2006). L’ho preso prima delle vacanze, al Libraccio, tutto a due euro. Come si fa a (s)vendere certi libri me lo chiedo sempre, ma al contempo sospiro felice perchè ritrovare così piccole tracce delle storie d’altri mi piace. Tanto. Apro alla seconda di copertina e spesso trovo delle dediche. Date lontane. Bigliettini scritti in bella calligrafia, ripiegati e dimenticati tra le parole d’altri. Alcune storie poi fanno dei giri strani. Surreali. Mi sfiorano. solleticano. Sussurrano qualcosa. Però ecco, devi fermarti e fare attenzione, che non sempre trovi tutto lì in superficie. Una volta, una bellissima, potente e straordinaria, una di quelle dediche mi ha portato persino il poeta-mio-amatissimo. 

Ma stamattina apro il cofanetto di Capossela. È proprio lì che lo ritrovo. Così, ripiegato. Piccolo, appena sgualcito ma fiero. Il Santino. Nel dvd con le interviste di Capossela. Con la madonnina che rifulge sul trono, il bambino sulle ginocchia e i due angeli ai lati. In ginocchio. Uno biondo e l’altro moro. Come le veline. La preghiera del mattino. Di mezzogiorno. E della sera. Con una piccola foto in bianco e nero, un signore vestito bene per l’occasione. Tra angeli e madonne e i balli di San vito e sassi di Matera. Nascosto da tempo immemore tra le parole di Vinicio, emerge dall’ombra lunga e illumina questo mio lunedì di metà settembre. Ricordo di un altro tempo ma senza tempo. 
“Ho sempre paura di perdere qualcosa, gli oggetti, i ricordi. Fatico ad andare a tempo e allora mi porto sempre dietro tutto. Il cappello è il tappo per tener dentro ogni cosa e impedire l’evaporazione dei ricordi”.  Anche quelli d’altri.
Sì Vinicio, ovunque proteggi