La donna di scorta (in viaggio con Dorina)

 

Sono in ritardo. Niente di nuovo. Mi sveglio con largo anticipo – sempre – mi dico che non ha senso arrivare con l’affanno: meglio prepararsi con calma, che la giornata è lunga.

La gita del martedì. Lavoro molto poco nelle ultime settimane, così, dopo le prime dieci ore di sconforto misto frustrante depressione da mancanza di autostima professionale, ho deciso di fregarmene quel tanto che basta da organizzare una moltitudine di attività socialmente ludiche (nonché personalmente utili) che non mi facciano pensare in modo compulsivo all’incazzatura che sovente mi monta dentro. Indosso un bel sorriso per il viaggio, e la maglia nuova, quella gialla che fa tanto estate – nonostante il tempo che fa.

La gita del martedì mi piace molto perché dura un giorno intero,  viaggio in treno come ai bei tempi, leggo un libro nuovo, pranzo fuori, gironzolo per negozi improbabili e mi circondo di sciocchezze e amenità varie.

Una delle mie più recenti compulsioni è quella dello shopping online. No, non un incredibile robot da cucina così facile da pulire con cui preparare cose mai viste prima, non guaine dimagranti che fanno perdere all’istante tre taglie, non creme miracolose che stirano le rughe manco fosse una pialla di botox. Compro libri online. Nonostante il kindle e le centinaia di ebook caricati costantemente. Compro libri online. L’omino del corriere ormai è di casa. Vedo il furgoncino rosso in fondo al vialetto, quasi sempre poco prima di pranzo, lo vedo ed ecco che già il battito accelera. Vedo rosso. Sono felice ed eccitata come una bambina la vigilia di natale (più o meno). Ogni tanto, presa da uno slancio di bonaria idiozia, li ordino come regalo. Il problema è che solitamente invio l’ordine a tarda notte e non so quasi mai cosa scrivere sul biglietto di accompagnamento, così lascio lo spazio in bianco, e aprendo il pacco, lo confesso, sono un poco delusa. Ma tant’è, oggi c’è la gita del martedì.

Cambio borsa. Gialla. E’ nuova, leggera, colorata, e mi rende euforica. Poi il solito ripieno. Mioddio, e dire che viaggio leggera, rientrerò con la cervicale dolorante. 

Libro da viaggio.
Cavie no, con il giallo non s’intona.

Non lo so di cosa ho voglia. Qualcosa di leggero. Letteralmente.
Premo il pulsante.
Kindle con custodia: grammi 392.
Invisibile di Paul Auster, edizione Einaudi Tascabile: grammi 297. La donna di scorta di Diego De Silva, edizione Einaudi Tascabile: grammi 102.
E sia. Saranno Livio e Dorina a accompagnarmi oggi. Livio e Dorina sono due amanti. Clandestini (obsoleto, tanto è naturale questa condizione, in realtà) Quando apro il libro, in realtà, non lo sono ancora, ma so già che lo diventeranno presto.

“E’ curioso il modo che ha il destino di venire sotto forma di tempo. Anzi lo sarebbe, se non fosse che ce l’ha per vizio. Se uno, al momento del fatto che gli cambia la vita, buttasse l’occhio all’orologio, vedrebbe le lancette che ripartono da uno zero fatto apposta per lui. Una risposta, una notizia, un incontro, un certo particolare squillo del telefono, arrivano con l’anteprima. Si fanno vedere e scappano in avanti, mostrando la sequenza fin dove l’occhio la segue. Tutto il futuro non lo conosciamo. Quello più in là soprattutto. Ma il primo sì. Lo vediamo benissimo”.

Il mio treno ancora non è al binario, mi lascio cullare dall’incipit promettente scordando per un attimo le decine di insignificanti fermate intermedie – cambio compreso – che mi separano dalla stazione di arrivo. Amanti, destino, passione, vita. Con la blusa gialla di oggi non c’è nulla di meglio, suppongo.
Adoro l’idea che sia reale l’esistenza delle anime gemelle. Di quelle persone che s’incontrano in modo apparentemente casuale, che lì per lì neppure avvertono la solennità di quel momento, eppure qualcuno o qualcosa annoda il filo, che sia cinto sui fianchi, su una ciocca di capelli, su un dito della mano, o un pezzo di gamba, non fa molta differenza. Si fa legame.

Livio e Dorina stanno per incontrarsi, sorrido a pagina cinque perché mi emoziona l’attesa, pregusto quella sensazione, anche se ne ignoro l’abito e la forma. Succede subito, già si sa. Scivola rapido, veloce, pare inevitabile. Pare banalmente il solito destino. Il momento che ti cambia la vita. Che “Il caso non è mai casuale. Fa quello che non gli viene impedito”.

A Mantova cambio treno e Dorina si sente come trattenuta. Eccoli Livio e Dorina che iniziano a vivere la loro relazione clandestina (quando odio questo termine) con passione, abbandono, ineluttabilità. Eccoli nei giorni stabiliti, s’intende, e mai durante il fine settimana (tranne qualche sabato mattina). Stride l’accostamento passione-prestabilito. A volte mi pare una forzatura tutta questa passione a comando, a volte mi pare una necessità. Sono contraddizioni che qualche volta ho indossato.
Livio è sposato, Dorina è single. Una faccia così, passata per un dolore importante. Rassegnata Dorina. Spigolosa e dolce. Con rughe recenti. Dorina è sola e continua a esserlo, anche quando incontra Livio. Anche quando ama Livio.
Livio che si addormenta con Laura e accompagna a scuola la figlia Martina. Livio che dà di matto perché Dorina non chiede niente per sé, niente di più di quello che Livio le dà, nei giorni stabiliti e comunque mai durante il fine settimana (ad eccezione di qualche sabato mattina). Livio inebriato dalla bellezza viva e semplice di Dorina, dalla sua libertà, dagli spazi che nonostante tutto, impercettibilmente non concede. Lei che dovrebbe essere la donna di scorta. Livio che pensa di “abitare Dorina come una terra”, e come un pioniere reclama il possesso sventolando la sua bandiera: spazzolino e dentifricio.

Passano veloci le parole, le pagine e le fermate. Rimango sospesa, oscillo tra la tensione naturale del legame e una sensazione sorda che viene da lontano a dire lascia stare, guarda bene, più vicino. Non è un nodo semplice. Non è nemmeno un nodo. I fili si sono attorcigliati muovendosi nel vento.
Scappa Dorina, mi viene da dire, ma i nuovi vicini si fanno troppo rumorosi e ritorno alla narrazione così com’è. Nuda. Senza fronzoli. Tra passioni accennate, debolezze che trasudano dai gesti quotidiani, promesse costruite solo nei rimuginamenti di un uomo che si trascina, senza mai un vero slancio. Subisce il momento e l’incanto, quel piccolo accenno che il destino, chissà per quale motivo, gli concede lungo un tragitto, in un giorno qualunque.
Lascia stare – ripeto mentre passano i giorni e Dorina fa quasi tenerezza – silenziosa nella sua vita così pulita e indipendente, regolare e noncurante. Lascia stare, quando una sera al ristorante Livio saluta imbarazzato un conoscente. In quel momento ecco lei è l’altra, e tutto cambia. Lì respiro la sua rassegnata consapevolezza nell’intravvedere tutta la fragilità di un uomo, il suo egoismo, la sua infantile immaturità, la sua pochezza. Vacilla Dorina, vacilla Livio, tutto quanto ho respirato fino a quel momento. Sono quasi arrivata, e le pagine nella mano destra si assottigliano.
La gelosia, la passione, l’ossessione, l’euforia, il dubbio lacerante, la disperazione, il senso di colpa, e poi di nuovo l’euforia. E’ Livio l’amante. E il marito che non sa scegliere tra la moglie e l’altra donna. Perché non può vivere senza, si dice. Perché non sa vivere, mi dico. Non sceglie di vivere, si trascina e si incanta a guardare l’acqua di un fiume che scorre sotto di lui.
“E buttati, coglione!” grida qualcuno da una macchina che passa. E pure dal sedile di una carrozza polverosa che sfreccia.
Lui e i suoi “vaffanculo voi e il vostro buonsenso, vaffanculo il coraggio, la sincerità e la buona fede” e quel fastidioso sollievo che prova poi ogni volta che non prende alcuna decisione. 

Non è Livio. Il destino arriva. Forse anche quel giorno, tra loro, che pare ormai lontano.

“Il caso non è mai casuale. Fa quello che non gli viene impedito”. Lo fa Dorina. Il destino arriva. Con un pony express, con un pacchetto incartato che Livio apre così (mi sembra di vederla la sua espressione).

Spazzolini e dentifricio. Lui capisce, sorride.

Sorrido anche io. Brava Dorina, ti abbraccio (che sono arrivata).

Sai com’è, la gita del martedì.