BABILONIA (la superficie sarà la catarsi).

 

 

Dunque siedo.
ai margini di una scena abbozzata
col calore della luce addosso
e l’inchiostro nero che scivola piano
qualcuno prende a prestito la mia pelle.
Dunque prego.
la punta piccola di un pennello
si fa spazio tra le stanze segrete
traccia un margine e squarcia piano le pareti
Silvia segna. scende. esplora. dimora

tra le vertebre scorre. sinuosa.
attraversa scapole. nera. in superficie.
fiera. davanti a quegli occhi ingombri
di verde e di azzurro dipinti
di segni. di sogni. uno dei tanti. ingorghi.
la linea si addentra nella superficie
ne percorre tutta la lunghezza
Interminabile.
sottomessa alla volontà di una forza creatrice che delira.
s’inventa storie per dire ehi, sono qui. mi vedi?
Ridesta dall’incanto, persevera.
in cerca solo un pretesto.
per dare un senso alla scena.
O alla pena.
Una piccola stortura e il pennello s’attarda
in quel punto preciso si fa perno
gira rigira nella posa contratta,
s’allunga a incidere occhi e bocche
e l’origine di un mondo che è anche il mio.
immerso. stasera. qui.

affiora. ascende. immenso.

Leggera la mano. per mano mi prende
mi parla di tormenti e inquieti fermenti.
rappresi. come contorni oscuri della notte.
fieri. come la sorte di un’anima bella
nata sotto una cattiva stella
che spera tra le spire di serpi in seno che s’agitano
salgono tra le scapole e s’avviluppano nel punto più alto
precipitando lungo il braccio. Sul fianco. Franano.

Planano. voli pindarici dispiegano sogni e desideri
Leggeri e vivi come i versi di una poesia
conficcata nella carne
che ripeto ogni notte sottovoce. sottopelle
che si tende e s’offre a una mano armata
e s’inarca – grata – lingua di gatta a lisciare sguardi e stelle.
Senti. Senti come graffia ora.

(freme questo fiume nero)

sù sù diritta, suvvia.
raddrizza la curva e smarrisci la strada
(di)sciolta di nuovo tra le onde di questo mare
che – vedrai, vedrai! – non hai dimenticato
ti risucchia ti rapisce
quel lasciami, lasciati andare. torna. di nuovo.
l’ombra del desiderio che scompare. per un attimo
poi riaffiora crudo crudele violento. volendo.
ti prendo. ti piego. ti prego.

N e r o.

affiora sulla pelle. affonda nella carne
fino a toccare il fondo più profondo
l’abisso più cupo del cuore
dove le bestie danzano
avanzano a segnare i confini del qui e del poi
“del tremore del turbamento del nero sentimento”

e tu. inchiodata. come un cristo senza più voce
invochi un padrenostro qualunque
che il nome suo da tempo l’hai scordato
e dacci oggi il nostro latte quotidiano
e liberaci nel mare di questo sesso ignaro
fottuto. goduto. cibo che pende dalle labbra.
vita nuova che si rapprende.

con la coda dell’occhio impari a volare
sei un uccello dalle ali giganti e sposti l’aria
e quel brivido rapace lungo la schiena
a ogni movimento è una vertigine
con cui (di)segni storie segrete da decifrare

un racconto che ha un inizio ma non una fine
aperto.
intimo(s)oggetto letto. offerto

Guarda. guardami alle spalle
sono qui. intrappolata in questa Babilonia
sono qui. a svelare tutta la storia
e scannare il vero con il nero
(e)spiando tutti i demoni che sono là fuori
in questa Babilonia
che scivola via come i discorsi di un amore liquido
in questa Babilonia che resta, silente e convulsa.
con tutti i demoni – ehi, li senti – dentro. palpitano
come un cuore puro. scalpitano.
sotto. nel fondo. profondo.

l’ i n c a n t o.

 

 

Artwork: Silvia Argiolas 

Photo: Alan Maglio 

 

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