A confondere l’apnea con l’inerzia

Henri Cartier Bresson (Romania, 1975)

Henri Cartier Bresson (Romania, 1975)

Il pensiero è sempre più sincopato.
Io fingo indifferenza, pallida paresi pensata riflessa su di uno schermo muto e immutato da giorni.
A confondere l’inerzia con l’apnea.
Senso di nausea per errato dosaggio di ossigeno e anidride carbonica. I muscoli si atrofizzano. Nessun movimento, tra apparente volontà e rassegnata imposizione.
Dicono siano sufficienti tre minuti, eppure io accumulo da così tanto tempo che respiro a comando, e a comando svengo. Il sangue è corrotto. Nessuna soluzione fisiologica a soccorso. Post elettrolisi, necessita di purificazione.
Via tutto.
(Abbracciami)
La vita mia tutta quanta si annacqua,
e io mi disciolgo in essa
con una piccola bustina di sale in tasca.

 …

Oggi vorrei trovare nell’armadio quel cappotto orrendo, indossarlo di nuovo, e fare zig zag con i libri in mano tra le persone che camminano, parlottano, appuntano qualcosa su agende di cuoio consunto. Oggi vorrei attraversare di nuovo quel volto, e sedermi su una di quelle panchine di pietra del secondo chiostro. Vorrei guardare distrattamente l’orologio e poi voltarmi dall’altra parte, che tanto ce n’è di tempo, ce n’è eccome. Se fosse. Almeno era ciò che pensavo. Che tutt’ora mi capita di pensare, quando mi sento leggera, e sorrido, e cammino senza chiedermi cosa succederà nei prossimi mesi. Solo sorrido.
Oggi vorrei essere felice per un paio di scarpe nuove, per una buona occasione in cui sfoggiarle, e di una serata troppo lunga per sopportarle oltre. Oggi vorrei prendere un taxi e imboccare viale Certosa, e contare i palazzi, i semafori, e sperare che quel tassista la smetta di voler fare conversazione a tutti i costi, che voglio trattenere dentro di me tutto il mondo là fuori. 
Oggi vorrei sorprendermi per una parola buona, anziché rimuginare su una cattiveria gratuita. Oggi vorrei prendere un treno senza dovermi preoccupare che sia la destinazione giusta. Oggi vorrei affacciarmi da quella finestra su parco sempione, senza sentirmi sopraffatta dalla paura di non farcela, senza quel rinunciare prima ancora di provare.
Oggi vorrei smettere di collezionare risposte impeccabili a domande che non ho mai posto. Oggi vorrei rovesciare il tavolo delle cose giuste e quelle sbagliate per ricomporre il puzzle e dare un senso nuovo alle cose. Oggi vorrei sentire i muscoli indolenziti perché ho ripreso a camminare dopo mille anni di attesa.

Oggi vorrei sentire la soddisfazione per i risultati raggiunti, e non il peso delle aspettative deluse. Oggi vorrei non vergognarmi delle mie insicurezze, della mia debole inerzia, della mia supposta fragilità. Oggi vorrei che fosse diverso rispetto a ieri, e ieri l’altro, e l’altro ancora. Oggi vorrei accorgermi che forse già lo è, e da tempo.

Mi imbarazza mostrarmi per quel che sono. Fosse anche solo un pezzo, ed è quello che sembra aver contagiato tutto il resto. Come un profumo troppo intenso e nauseabondo che copre l’odore, o un’enorme macchia d’unto sul vestito nuovo di seta. Non si sente niente alto. Non si vede niente altro. Vorrei farmi una doccia e profumare di pulito, lavare il vestito e lasciarlo asciugare al sole, mentre bevo un tè freddo e, nell’attesa, leggo un libro.

Oggi vorrei avere gli anni che mi sento, circa tredici, e imparare a scandire il mio nome, alzare la mano per intervenire in classe, aumentare il tono della voce all’occorrenza senza sentirmi un’idiota. Oggi vorrei smettere di corrugare la fronte per poi lamentarmi l’indomani per la conta delle rughe nuove. Oggi vorrei smettere di parlare con persone che non possono ascoltare perché, banalmente, parliamo lingue differenti che nemmeno google riesce a decifrare per tempo. Oggi vorrei essere consapevole del fatto che non si può funzionare seguendo il libretto di istruzioni di qualcun altro.

Oggi vorrei smettere di tormentarmi le dita, vorrei finalmente tornare a scrivere e goderne, semplicemente perché scrivere mi dà vita. Oggi vorrei smettere di trattenere il respiro e ricordarmi che basta poco, per riprendere a respirare.

 Spargere del sale e imparare ad essere me.

Che tempo, sì, ce n’è.
(Abbracciami)