1.

Un pezzo di carne azzannato e abbandonato, lì, sul bancone logoro di formica e acciaio. Accartocciato malamente, macabro pacco che porto in dono al banchetto nuziale. Il tuo.
Suggello di un nuovo amore, di nuovo l’unico, prezioso, atteso e maledetto. L’amore che è uno, nessuno e pure centomila? Sì, quello, non ne conosco altri.
Quando per la prima volta hai inciso la pelle, quel giorno lo ricordo bene. Era pomeriggio e poi sera e poi notte, ancora notte e poi ancora giorno. Quel giorno è durato mille anni.

- Vieni da me, sei tu, ti ho riconosciuta.
-  Come hai potuto?
- Era scritto, eravamo uno ancor prima di incontrarci in questa vita.
Inevitabile, folle mendicante d’amore, aprii le braccia e presi a lodare e ringraziare il signore-salvatore venuto da lontano, da un pensiero nascosto, da un sogno blasfemo ripiegato nella mia mente. Portentoso, febbrile, delirante, brandisce il luccicante coltello della rivelazione e colpisce. Dapprima con maniacale precisione incide e apre, richiude, sutura, poi avido e rabbioso affonda, e sventra e sbrana. Saltano I punti, la carne lacera, perde la forma originaria, sanguina e implora.
- Non so che farmene di ago-e-filo, dammi una forbice, piuttosto -
L’ultima volta pareva ben ricucita, la grata creatura. Guardati, sei un incanto. L’ultima volta, quando piangeva e porgeva le mani in cerca di aiuto. Sì, quella volta che gridavo salvami, ri-dammi la vita.
La vita. E’ tutta lì, ora, in quel cartoccio maleodorante. Mi hai avvolto in sottile pellicola trasparente (dicevi che era finito, il cellophane) A guardare, così come si fa sempre, di fretta, senza particolare interesse, sembra tutto “normale”. Normale il sorriso statico, normali i movimenti contratti e impacciati, normale quel luccicore artificiale sulla pelle senza più nome né una storia.
Te lo ricordi il mio nome?
Lo lascio in bianco, il bigliettino sul bancone, che differenza vuoi che faccia.
Una, nessuna o tutte le altre centomila.
E’ solo un pezzo, carne-senza-vita come piace a te. Tienilo come ricordo, quello è il mio dono. O casomai ti venisse un po’ di fame.
Senza più mani, né piedi, un pezzo di braccio e di cuore, un solo occhio e mezzo polmone. Me ne vado così.